L’Accademia d’Italia, che assorbì nel 1939 l’Accademia dei Lincei, fu fondata nel 1926 dal fascismo e promosse gli studi umanistici, scientifici e tecnologici. Ma fu soprattutto uno strumento del regime: sotto il suo controllo e con il suo aiuto finanziario partecipò alla costruzione di un’identità nazionale, alla lotta antisemita e alla politica estera del governo.
Retta da presidenti di grande prestigio – Marconi, D’Annunzio, Federzoni, Gentile –, annoverò fra i suoi membri-funzionari alcuni dei più noti intellettuali italiani, scelti con criteri prevalentemente politici: accanto all’unica donna Ada Negri, De Stefani, Fermi, Marinetti, Mascagni, Papini, Piacentini, Pirandello o Volpe. I numerosi premi conferiti furono usati spesso come un’arma di ricatto per ampliare il consenso. Giudicata dal primo antifascismo «corruttrice» degli intellettuali, l’Accademia si avvalse in realtà del loro sostegno spontaneo e consapevole.
Una storia letta finora solo in ottica culturale e di fatto dimenticata viene qui ricostruita per la prima volta nella sua complessità e nella sua dimensione politica.
Dettagli libro
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Editore
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Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
226 -
Argomento
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Collana
Sull'autore
Gabriele Turi
Gabriele Turi, già docente di Storia contemporanea all’Università di Firenze, dirige la rivista «Passato e presente». Fra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo Schiavi in un mondo libero. Storia dell’emancipazione dall’età moderna a oggi (2012), La cultura delle destre. Alla ricerca dell’egemonia culturale in Italia (2013).