Meridiana 96: Mezzogiorno a 5 stelle

Meridiana 96: Mezzogiorno a 5 stelle

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Il Movimento 5 Stelle (M5S) è la più importante novità politica del decennio appena trascorso. Dopo l’ottimo esordio alle elezioni politiche del 2013, nel 2018 il M5S ha incrementato il proprio consenso, raccogliendo circa un terzo dei voti validi. Nella sua dinamica evolutiva è sembrato occupare i vuoti di rappresentanza determinati dall’urgenza di problemi sociali ed economici e dalla sfiducia nelle formazioni politiche più tradizionali. Ha subito e subisce, quindi, la concorrenza di altri partiti che crescono sulla frontiera della crisi. Prova ne è la mutata distribuzione territoriale del voto: se nel 2013 il M5S era considerato il «nuovo vero partito della nazione», nel 2018 emerge una chiara localizzazione territoriale del voto, col Sud che premia il M5S e il Nord la Lega di Salvini. Questo numero di Meridiana si prefigge l’obiettivo di indagare in profondità alcuni aspetti utili a comprendere gli elementi, talora contraddittori, che hanno caratterizzato l’exploit del 2018 (ma anche il successivo declino), a partire dalle modalità di azione e dalle caratteristiche con cui il M5S si presenta nel Mezzogiorno. Consensi che si aggirano in media al 47% dei voti fanno tornare alla mente altre stagioni e attori politici, ma in questo caso l’affermazione si è realizzata senza mediatori insediati nei territori, senza ricorso al voto di preferenza, senza cospicue rappresentanze istituzionali, senza vantare esperienze significative nel governo locale. Insomma, il voto per il M5S al Sud appare come una scatola nera che è necessario aprire per capire meglio dove va la politica italiana. E dove va il Mezzogiorno. Gli articoli che compongono la sezione monografica di questo numero vanno oltre i grandi quadri esplicativi di portata nazionale o macroregionale, soffermandosi su alcuni aspetti puntuali e circoscritti. Il M5S è riuscito a intercettare gran parte del voto meridionale espressione di un disagio sociale, ottenendo consensi ampi nelle aree periferiche delle grandi città (non solo meridionali, come testimonia il saggio su Milano), in passato roccaforti della sinistra, dove le reti di solidarietà informale risultano più indebolite. Sul piano della composizione della sua classe politica (sulla quale si concentrano i saggi sul ceto politico regionale e sul personale politico siciliano), il partito ha saputo proporre candidati nuovi, rappresentativi di una varietà di categorie sociali. Ma la debole connessione con i circuiti fiduciari e di scambio dei contesti locali ha rappresentato anche un limite nella sua capacità di penetrazione, in modo particolare dove il radicamento elettorale viene sfidato da reti clientelari preesistenti (come nel caso calabrese) o da soggetti politici complementari che condividono con il M5S radici comuni (ad esempio il Movimento arancione a Napoli). Ne risulta un quadro incerto, messo fortemente in discussione dall’esperienza di governo iniziata nel giugno del 2018 che sembra aver accelerato l’inevitabile processo di invecchiamento di un partito «nuovo», come mostra anche il saggio che accosta la vicenda dell’Uomo qualunque a quella del M5S.

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