Meridiana 90: Fare politica

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Negli ultimi anni è stata da più parti sottolineata la necessità di un ritorno al territorio nello studio dei processi di aggregazione del consenso, con l’obiettivo di ridimensionare la consolidata narrazione – diffusa anche tra gli studiosi dei fenomeni politici – secondo cui i significativi cambiamenti degli ultimi decenni avrebbero contribuito a destituire la dimensione territoriale come unità di analisi rilevante per la comprensione dei mutamenti politici in atto.

Nella prospettiva proposta in questo numero, il concetto di locale non è assunto esclusivamente in quanto spazio circoscritto di osservazione di dinamiche connesse al livello politico nazionale. L’attenzione è rivolta alle specifiche declinazioni territoriali di culture politiche che risentono necessariamente dell’ambiente circostante e di dinamiche solo in parte legate alla proposta politica ufficiale dei partiti. Si tratta di una prospettiva eminentemente antropologica, ma che ha caratterizzato lo studio localizzato dei fenomeni di politics anche nell’ambito di altre discipline. Simboli e discorsi che si producono nel contesto locale sono qui presi in considerazione, da un lato, in quanto elementi costitutivi delle identità politiche dei soggetti, dall’altro, come fattori che ne veicolano le azioni e le pratiche quotidiane. In questa prospettiva, studiare la dimensione locale significa cogliere il politico anche (soprattutto) al di fuori degli spazi ufficialmente deputati alla politica. D’altra parte, ciò consente di ripensare da nuove prospettive problemi classici degli studi politici (e della tradizione critica di «Meridiana»), quali il clientelismo e il patronage, il consenso e la dipendenza, le subculture politiche e il populismo.

La proposta di questo numero nasce dunque dalla convinzione che per comprendere le pratiche dei partiti politici, le loro modalità di ricerca del consenso e di radicamento, occorre chiamare in causa elementi culturali; vale a dire non soltanto le consapevoli strategie, le ideologie o le dottrine, ma anche le reti di significati e i contesti morali in cui i diversi attori sociali si muovono, cruciali per definire il senso dei loro interessi e delle loro motivazioni. Per accedere a questo sfondo talvolta inespresso dell’azione sociale occorre uno scavo etnografico capace di cogliere il livello più sottile delle pratiche quotidiane, quel non detto che sta alla base della costruzione sociale della realtà.

Tutti i saggi presentati, sia di taglio etnografico che storiografico, cercano di comprendere lo specifico del politico nel quadro di retoriche sociali e di contesti morali più ampi. I contributi si soffermano per lo più sul territorio toscano e su alcune aree del Sud Italia, incontrando gli attivisti del Movimento 5 Stelle di Viareggio e gli eletti locali del Movimento per le autonomie in Sicilia, il ceto politico renziano a Firenze e i dirigenti comunisti siciliani del secondo dopoguerra, i contadini e i notabili di un borgo rurale del Molise e quelli siciliani di inizio Novecento.

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